Il freddo rallenta, ma non blocca, la fluidità con la quale persone e idee si muovono. Tra file interminabili di pescatori da un lato, pendolari in corsa dall'altro, e il traffico di una delle principali arterie cittadine, a volte ti assale lo stordimento, là, sul ponte di Gàlata.
Sotto di te, le acque del Corno d'Oro trasportano sardine e battelli da crociera che eseguono sinuosi derrapamenti per fare inversione di marcia e, miracolo, non si toccano mai.
Sopra di te, il cielo si fa rapidamente scuro: è l'Asia che regala la notte all'Europa, là, sul ponte di Gàlata.
Si spegne il sole, si accendono le stelle, la luna, e le moschee eleganti che lanciano dai minareti il loro canto verso Allah, le sure del Corano ad indicare la via al muslim.
I muezzin cantano tutti insieme, ma non cantano all'unisono. Le modulazioni artistiche delle antiche sure volano nell'aria, si incrociano, si rispondono, abbracciano il rumore della città e lo impastano. Avvolgono il moderno nell'antico. E te lo regalano, là, sul ponte di Gàlata.
L'aria che ti avvolge sa di sardine alla brace e kebab, baklava e çay, spezie e incensi. I negozianti delle piccole strade del centro impilano montagne di frutta, affettano gli ananas, spremono con destrezza e manualità melograne e arance, che tagliano ed espongono rosse e grondanti di succhi. Quegli occhi di sangue ti spiano mentre scendi le interminabili scale che portano, da uno dei sette colli della città, fino là, sul ponte di Gàlata.
I veli delle donne sono eleganti ed abbracciano con la seta gli occhi dell'oriente. Le labbra delle donne sono carnose e sensuali, e i loro capelli sono lunghi e castani, o del color del rame, o del nero più corvino. La pelle delle donne è bella, elastica, preparata alla battaglia. Le donne, sole, con le amiche, con i bambini, con gli uomini, vanno e vengono anche là, sul ponte di Gàlata.
Fuori dal Gran Bazar si vendono orologi, calzini, magliette, bandiere. Dentro si comprano diamanti, sete, maioliche e pancere. Intorno, intere vie dedicate allo stesso articolo, venduto in venti negozi di seguito. Poi, interi quartieri dai quali non si riesce a uscire, dove la gente cammina e si ferma, prende un çay e si rilassa, va al ristorante e mangia velocissima per finire là, sul ponte di Gàlata.
Quando piove, minuscoli ombrelli di plastica trasparente 5lyt, pozzanghere e fiumi d'acqua sulle strade inclinate a 25 gradi. Traffico insostenibile, ingorghi di ore, vie laterali bloccate, micidiali arpioni spaccapneumatici per terra e polizia in Mini, il tram nostalgico di Istikal, con il suo carico di attori di serie B, lotta contro la folla dell'arteria pedonale e commerciale in senso latitudinale e contro i tacsi feroci e sordi in senso longitudinale. 16 milioni di persone che il freddo rallenta, ma non blocca e che spinge tutti, prima o poi, là, sul ponte di Gàlata.
Ed è il ballo eterno di oriente e occidente, è l'abbraccio dell'antichissimo con il modernissimo, è il miele più dolce che si fonde con la spezia più piccante. Sulla tua lingua, nei tuoi occhi, nelle tue orecchie, nelle tue narici e sulla tua pelle: è tutto, ed è ovunque. Ti entra dentro anche se tu non vuoi. Distrugge i pregiudizi con un sorriso. Spettina persino le teste più ordinate. Orna gli stili più minimalisti. Tu scappi da Istanbul, ma Istanbul ti rincorre, ti sfiora, ti invita a un tango, ti abbraccia e ti seduce persino là, soprattutto là, sul ponte di Gàlata.
Welcome to Asia.
Welcome to Europe.
Welcome.
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